Omesso versamento di ritenute previdenziali - Contestazione o notifica della violazione - Pagamento entro 3 mesi - Non punibilità (Cass. pen. 24.6.2015 n. 26513)
Omesso versamento di ritenute previdenziali - Contestazione o notifica della violazione - Pagamento entro 3 mesi - Non punibilità (Cass. pen. 24.6.2015 n. 26513)
Affinché il datore di lavoro possa evitare l’applicazione della sanzione penale occorre che l’ente previdenziale provveda all’adempimento dell’obbligo di rendergli noto, nelle forme previste dalla norma, l’accertamento delle violazioni e le modalità ed i termini per eliminare il contenzioso in sede penale. E, quindi, l’esercizio di tale facoltà può essere precluso solo dalla scadenza del termine di tre mesi previsto dall’art. 2 co. 1-bis secondo periodo, a decorrere dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento delle violazioni, oppure da un atto equipollente che contenga tutte le informazioni necessarie.
L’ente previdenziale, inoltre, ha l’obbligo di assicurare la regolarità della contestazione o della notifica dell’accertamento delle violazioni e di attendere il decorso del termine di tre mesi prima di trasmettere la notizia di reato al PM.
Quest’ultimo, comunque, deve accertare che l’indagato sia stato concretamente messo in condizione di esercitare la facoltà di fruire della causa di non punibilità, informando l’ente previdenziale dell’eventuale esito negativo di tale verifica, in modo da consentirgli di adempiere al relativo obbligo.
Analoghi accertamenti devono essere espletati dai giudici di merito, che, in caso di esito negativo, possono accogliere una eventuale richiesta di rinvio da parte dell’imputato per provvedere al versamento delle ritenute, tenendo conto che la legge già prevede la sospensione del decorso della prescrizione per il periodo di tre mesi concesso al datore di lavoro per il versamento (ex art. 2 co. 1-quater del DL 463/1983). Il che giustifica un rinvio del dibattimento anche in assenza di una espressa previsione normativa.
L’effettiva possibilità di esercizio della facoltà in questione, poi, presuppone che l’avviso dell’accertamento inviato dall’ente al datore di lavoro contenga:
- l’indicazione del periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle ritenute;
- il relativo importo;
- l’indicazione della sede dell’ente presso il quale effettuare il versamento nei tre mesi;
- l’avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità.
A tale avviso è possibile equiparare il decreto di citazione a giudizio, ma a condizione che contenga i medesimi elementi ricordati. In assenza di simili atti (con le necessarie caratteristiche), allora, è ritenuto tempestivo, ai fini del verificarsi della causa di non punibilità, il versamento delle ritenute previdenziali effettuato dall’imputato nel corso del giudizio; qualora il procedimento dovesse trovarsi in sede di legittimità, senza che l’imputato sia stato posto in grado di fruire della causa di non punibilità, invece, deve disporsi l’annullamento della sentenza con rinvio al fine di consentirgli di fruire della facoltà concessa dalla legge.
La comunicazione da parte dell’INPS è a forma libera e non richiede particolari formalità, potendo, quindi, ritenersi valida anche la spedizione a mezzo raccomandata (cfr. anche Cass. n. 30566/2011 e Cass. n. 26054/2007).
La presenza della corretta indicazione del destinatario della contestazione di accertamento della violazione degli obblighi contributivi e dell’indirizzo ove effettuare il recapito sulla lettera raccomandata mediante la quale viene eseguita la comunicazione porta ad escludere che possa assumere rilievo l’impossibilità di risalire all’identità dell’effettivo consegnatario in mancanza di concreti e specifici dati obiettivi che consentano di ipotizzare che la comunicazione non sia stata portata alla sua conoscenza senza sua colpa (cfr. Cass. n. 30241/2011).
La libertà di forma che caratterizza la comunicazione suddetta esclude che la stessa debba presentare i requisiti formali della notificazione.