Ricorso avverso diniego interpello disapplicativo E' inammissibile secondo la CTR di Milano; sentenza n. 2149/34/15
Diniego all'interpello. Ricorso sì o no?
Ad avviso della Commissione Tributaria Regionale di Milano, è inammissibile il ricorso proposto contro il diniego dell’Agenzia delle Entrate all’istanza di interpello disapplicativo in materia di società non operative.
Nella sentenza n. 2149/34/15 il collegio meneghino afferma che il suddetto diniego ha natura di atto amministrativo, che non determina effetti vincolanti nei confronti del contribuente, che è libero di non attenersi al parere formato dall’amministrazione, esponendosi all’emissione del successivo avviso di accertamento contro il quale è possibile fare ricorso.
Secondo l'Agenzia delle Entrate (circolare 7/E/2009, ma si vedano anche circolare 5/E/2007, 14/E/2007 e 32/E/2010), la risposta all'interpello disapplicativo non è un atto autonomamente impugnabile innanzi alle Commissioni tributarie, vista la sua natura di atto amministrativo non provvedimentale, che non determina effetti vincolanti nei confronti del contribuente.
Questa interpretazione è stata condivisa dalla CTR di Milano, anche in considerazione del fatto che il contribuente è libero di non attenersi alla risposta ricevuta dall’Agenzia delle Entrate “e potrà, quindi, far valere le proprie ragioni impugnando l'eventuale avviso di accertamento che potrebbe essere emesso in seguito”.
Anche il Consiglio di Stato (sentenza n. 414/2009) ha sostenuto che l'atto di diniego è contestabile solo in sede d’impugnazione del successivo avviso di accertamento, in quanto “si tratta di situazione non diversa da quella che si verifica nel processo amministrativo, laddove un parere, ancorché non immediatamente impugnabile, può essere impugnato unitamente al provvedimento conclusivo del procedimento e, laddove in esso parere si sia verificato il vizio di legittimità, può certamente essere annullato dal giudice amministrativo unitamente al provvedimento stesso”.
Pertanto, nel caso di specie, la CTR di Milano, in riforma della decisione di prime cure, si è pronunciata per l’inammissibilità del ricorso proposto dalla società contribuente. La peculiarità della fattispecie ha giustificato la compensazione fra le parti delle spese di giudizio.
È bene segnalare che la questione circa la diretta impugnabilità o meno del provvedimento di diniego disapplicativo in materia di società di comodo non è pacifica in giurisprudenza.
Ad esempio, la CTP di Lecce (sentenza n. 1082/24/15) si è schierata a favore dell’impugnabilità del diniego sull’istanza di interpello disapplicativo ex art. 37-bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/1973 citando a conforto la sentenza n. 8663/2011 della Cassazione, secondo cui il provvedimento di diniego di disapplicazione di una legge antielusiva è un atto definito in sede amministrativa e ricettizio con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come un’ipotesi di diniego di agevolazione e come tale impugnabile innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 31/12/92 n. 546.
Anche Cass. n. 17010/2012 ha escluso la natura meramente endoprocedimentale o di semplice parere interpretativo della risposta negativa all’interpello disapplicativo, posto che l’istanza è soggetta a richieste istruttorie, nonché volta a ottenere un atto dell’A.F. che ha l’immediato effetto di incidere sulla condotta dell’istante in ordine alla dichiarazione dei redditi in relazione alla quale l’istanza è stata inoltrata. Dal che, l’interesse concreto e attuale del contribuente a invocare il controllo giurisdizionale sulla legittimità dell’atto di diniego. In sostanza, quindi, la risposta dell'Amministrazione finanziaria all’interpello del contribuente costituisce atto impugnabile, ma il contribuente è titolare di una mera facoltà di impugnazione e non di un onere. Tale facoltà, pertanto, può essere esercitata anche in un secondo momento. “Resta fermo”, si legge in sentenza, “che la risposta positiva del direttore regionale impedisce all'amministrazione - a condizione, ovviamente, che i fatti accertati in sede di controllo della dichiarazione corrispondano a quelli rappresentati nell'istanza - l'applicazione della norma antielusiva oggetto d'interpello, in applicazione del principio di tutela dell'affidamento, che ha diretto fondamento costituzionale e carattere generale ed immanente anche nell'ordinamento tributario, nel quale trova espresso riconoscimento, in linea generale, nella L. n. 212 del 2000, art. 10, nonché, specificamente in relazione agli interpelli c.d. ordinari, ma con portata da ritenere estesa alle altre tipologie di interpello previste dalla normativa, nella medesima L. n. 212, art. 11, comma 2, (il quale prevede la nullità di atti impositivi emanati in difformità dalla risposta all'interpello)”.
Autore: Redazione Fiscal Focus