Società estinte. Stop agli avvisi
Società estinte. Stop agli avvisi
Il D.Lgs. 175/14 non vale per il passato
È illegittimo l’avviso di rettifica e liquidazione emesso nei confronti della società cessata e del suo (ex) rappresentate legale.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – sentenza 1890/15/15 -, recependo la giurisprudenza della Cassazione, ha affermato che cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società impedisce, a partire dal momento in cui si verifica l'estinzione della società medesima, che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizi; inoltre, qualora a detta cancellazione non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali (cfr. Cass. n. 6071/13).
Di conseguenza, nel caso di specie, l'avviso di rettifica e liquidazione “non poteva essere emesso nei confronti della società I.C. Sas C.I., ormai inesistente, con la conseguenza che, anche se l'ex legale rappresentante della persona giudica non avesse impugnato detto avviso, nessun pregiudizio poteva comunque derivarne, atteso che nessuna azione erariale era possibile promuovere a carico della società estinta” (cfr. Cass. n. 28187/13).
È vero, poi, che la domanda giudiziale introdotta dal liquidatore di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese è improponibile, ma è necessario rispettare “il principio costituzionale del diritto alla difesa per cui, quando un soggetto viene attinto da un provvedimento in astratto pregiudizievole, in proprio o nella qualità di legale rappresentante di un ente ormai inesistente, qualunque atto che, come nel caso in esame, costituisca opposizione nell'ambito dell'esercizio del diritto medesimo non può essergli denegato, con la conseguenza, però, che il ricorso introduttivo può rilevare solamente sotto il profilo dell'illegittimità dell'avviso di rettifica emesso nei confronti della società estinta. Ne deriva che l'appello deve trovare accoglimento solo sul profilo in esame, in relazione al quale la censura dell'ufficio non appare fondata”.
Per la CTR meneghina non consente una diversa conclusione l'art. 28, comma 4, del D.Lgs. n. 175 del 2014, in quanto esso trova applicazione per gli accertamenti emessi dopo la sua entrata in vigore e non anche per quelli emessi in precedenza nei confronti della società e notificati al legale rappresentante anziché ai soci che ne erano succeduti. Allo stesso modo non aiuta il fisco l'art. 36, commi 1 e 4, del D.P.R. n. 602 del 1973 nella parte in cui prevedeva ratione temporis (a) la responsabilità dei liquidatori di pagare in proprio le imposte se soddisfano crediti di ordine inferiore a quelli tributari o assegnano beni ai soci o associati senza avere prima soddisfatto i crediti tributari; (b) la responsabilità degli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi d'imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione oppure hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili. Infatti, le menzionate responsabilità sono personali, con la conseguenza che “l'avviso di rettifica e liquidazione di cui è causa, per essere efficace nei loro confronti, avrebbe dovuto essere emesso a nome dell'ex liquidatore e dell'ex socio accomandatario in proprio, non della società. Inoltre, una siffatta azione erariale di responsabilità sarebbe comunque infondata perché: (a) nei confronti del liquidatore essa può essere esercitata, tra l'altro, a condizione che i tributi a carico della società siano stati iscritti a ruolo (Cass. 10508/2008) e quindi, che detti tributi siano almeno conoscibili al liquidatore, mentre non lo potevano erano quelli derivanti da una rettifica e liquidazione emessa dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese; (b) dagli atti non emerge che l'ex socio accomandatario abbia occultamento attività sociali”.
Né rileva, secondo la CTR, la sostituzione del sopra riportato comma 1 dell'art. 36 operata dall'art. 28, comma 5, lett. a) del D.Lgs. n. 175 secondo il quale "i liquidatori dei soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all'obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all'assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari". Tale disposizione, da un lato, ha invertito solo l'onere della prova, senza intervenire anche sul presupposto oggettivo della responsabilità, che quindi continua a essere limitata alle imposte conoscibili al liquidatore, dall'altro lato “ha lasciato inalterata la necessità di rivolgere la pretesa erariale personalmente ai liquidatori e non al soggetto estinto”.
Autore: Fiscal Focus